L'ernia iatale è provocata dal passaggio di una porzione di stomaco nell'esofago. Scopri come può aiutarti la fisioterapia.

L’ernia iatale è il passaggio di una porzione dello stomaco che dall’addome risale nell’esofago attraverso lo iato esofageo. Vediamo quali sono i sintomi e cosa si può fare.

Cos’è l’ernia iatale?

Lo iato esofageo normalmente ha le pareti molto strette e aderenti all’esofago (serve infatti per il passaggio dell’esofago attraverso il diaframma) ma può capitare che si rilassi e si dilati, dando modo appunto ad una parte dello stomaco di risalire.

Questa patologia è molto diffusa, soprattutto dopo i 50 anni e diviene praticamente la norma sopra gli 80; colpisce soprattutto le donne e le persone obese.

Ci sono tre diversi tipi di ernia iatale:

  • da scivolamento (la più frequente), che si presenta quando la parte di stomaco che risale è quella di confine con l’esofago (la giunzione gastro-esofagea o cardias); di conseguenza non è più impedita la risalita del contenuto acido dello stomaco nell’esofago e una delle conseguenze è il fastidioso reflusso gastroesofageo;
  • da rotazione: in questo caso, molto più grave, è il fondo dello stomaco che passa nel torace, con il rischio di riduzione o interruzione dell’apporto di sangue allo stomaco; se poi la porzione erniata è molto grande, si aggiunge il rischio di una compressione di cuore e polmoni;
  • mista: è un tipo di ernia iatale che presenta le caratteristiche di entrambe le tipologie sopra descritte.

Sintomi

La malattia può essere causa di disturbi più o meno gravi, correlati soprattutto al reflusso gastroesofageo. Tra l’esofago e lo stomaco, infatti, esiste una speciale valvola che in condizioni normali si apre e si chiude per consentire il passaggio del bolo alimentare in un’unica direzione. Il diaframma, con la sua pressione, favorisce il funzionamento di questo meccanismo.

Quando si sviluppa un’ernia iatale la parte di stomaco che fuoriesce spinge lo sfintere al di sopra del diaframma compromettendo il normale meccanismo di apertura e chiusura. I sintomici tipici in questo caso sono bruciore allo stomaco, rigurgito, raucedineì, nausea, senso di gonfiore.

Alcune gravi complicanze dell’ernia iatale includono infatti l’aumentato rischio di sviluppare ulcera allo stomaco e tumore esofageo, difficoltà respiratorie, anemia.

Curare l’ernia iatale

Come prima cosa chi soffre di ernia iatale dovrebbe seguire una dieta in cui siano limitati gli alimenti che tendono ad aumentare l’acidità gastrica (ad esempio caffè, agrumi, cioccolato, alimenti piccanti) e mangiare il giusto, evitando pasti abbondanti che vengono smaltiti più lentamente dallo stomaco aumentando il rischio di reflusso. Inoltre bisogna bere molto perché i liquidi proteggono l’esofago dai succhi gastrici.

Se si è in sovrappeso è bene perdere i chili di troppo, in quanto il grasso in eccesso aumenta la pressione sullo stomaco.

Possono essere assunti dei farmaci antiacidi, gastroprotettori e farmaci inibitori della pompa protonica (che riducono la secrezione di acido cloridrico a livello dello stomaco).

In situazioni gravi è possibile ricorrere ad un intervento chirurgico mirato a riportare in sede la parte dello stomaco fuoriuscita ed evitare nuove erniazioni riducendo lo iato esofageo.

La fisioterapia

La fisioterapia per l’ernia iatale è una pratica non molto diffusa e, purtroppo, ancora poco nota. Con la fisioterapia per il reflusso gastroesofageo lo specialista e il paziente ricercano la posizione da cui trae origine la sintomatologia, facendola regredire man mano che le tensioni muscolari diminuiscono. La rieducazione posturale individuale agisce sulle tensioni muscolari, riducendole e quindi diminuendo la sintomatologia.

Il trattamento si concentra sul muscolo diaframma toraco-addominale, la cui funzione è coinvolta nella respirazione, nella biomeccanica della colonna vertebrale, nelle dinamiche della circolazione sanguigna e linfatica, nella digestione. Attraverso manovre specifiche ed esercizio terapeutico, il fisioterapista agisce su questo muscolo, allentando tensioni e riportando mobilità.

Una delle tecniche più diffuse è il cosiddetto metodo Souchard, una tecnica propriocettiva di inibizione applicabile a diversi distretti anatomici.


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